9 giugno, ricordiamo un’altra vergogna del fascismo: il brutale assassinio dei Fratelli Rosselli – Era il 9 giugno del 1937…

 

Fratelli Rosselli

 

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9 giugno, ricordiamo un’altra vergogna del fascismo: il brutale assassinio dei Fratelli Rosselli – Era il 9 giugno del 1937…

 

Da Wikipedia

fratelli Carlo e Nello Rosselli furono due importanti figure di politici, giornalisti e attivisti dell’antifascismo italiano.

Vissero a lungo in esilio a Parigi e furono uccisi a Bagnoles-de-l’Orne il 9 giugno 1937 da formazioni locali di estrema destra, molto probabilmente su ordine proveniente dai vertici del fascismo.

Residenti a Firenze in una casa in via Giusti, appartenevano a una famiglia agiata.

Nel giugno 1937 Carlo soggiorna per delle cure termali a Bagnoles-de-l’Orne. Qui è raggiunto dal fratello Nello, che aveva ottenuto il passaporto nel maggio 1937, su intercessione di Gioacchino Volpe (probabilmente in buona fede) con una sollecitudine che ad alcuni amici, tra cui Piero Calamandrei, parve sospetta e motivata dal fine di arrivare attraverso Nello al rifugio di Carlo. Il 9 giugno i due sono uccisi da una squadra di “cagoulards”, miliziani della “Cagoule”, formazione eversiva di destra francese, su mandato, forse, dei servizi segreti fascisti e di Galeazzo Ciano.[5] I fratelli Rosselli furono sepolti nel cimitero monumentale parigino di Père Lachaise, ma nel 1951 i familiari ne traslarono le salme in Italia, nel Cimitero Monumentale di Trespiano, nel piccolo borgo omonimo, comune di Firenze, sulla via Bolognese. La tomba si trova nel riquadro subito a destra dell’ingresso. Nello stesso cimitero sono sepolti anche Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Piero Calamandrei e Spartaco Lavagnini. La tomba riporta il simbolo della “spada di fiamma”, emblema di GL, e l’epitaffio scritto da Calamandrei:

« GIUSTIZIA E LIBERTÀ
PER QUESTO MORIRONO
PER QUESTO VIVONO »

 

Da Imola Oggi

Per capire sul serio la vera storia dei fratelli Rosselli, trucidati dal fascismo, bisogna leggere il libro di una giornalista inglese.

In Italia, paese della memoria politicante, che per via della morale, sovente doppia e talvolta tripla, con la quale si chiude, qui da noi, ogni racconto storico è anche un po’ il paese delle fiabe, non c’è mai troppo da fidarsi degli storici. Non che mentano, o almeno non sempre: inghirlandano.

Per leggere una storia ben fatta, e senza tanti fronzoli, di Carlo e Nello Rosselli, della loro famiglia, di Giustizia e Libertà, del «socialismo liberale», dell’Ovra mussoliniana, dell’antifascismo italiano ai tempi del Dux e del fascismo ai tempi delle carceri, del confino, delle persecuzioni, degli attentati e delle condanne a morte, ci vuole uno storico straniero e per così dire «disorganico» alle tradizioni politiche e culturali dell’Italietta. Una famiglia pericolosa racconta per filo e per segno, e senza tante svenevolezze ideologiche, le avventure e le sventure di Carlo e Nello Rosselli, della loro madre Amelia, delle loro consorti e dei loro figli. Ne è autrice Caroline Moorehead, una giornalista inglese senza debiti con una particolare visione del mondo (a differenza di quanti, da noi, raccontano e infiocchettano da decenni le stesse vicende). È la storia d’un gruppo di nemici della dittatura (intellettuali, artisti, studenti e professori) che sfidarono il fascismo dalla clandestinità, senza accettare compromessi.

Ricchissimo, teorico improvvisato, Carlo Rosselli bruciò quasi l’intero patrimonio nell’impresa d’abbattere Mascellone dal suo trono. Strada facendo, traghettò il liberalismo (tra virgolette) di Piero Gobetti e il socialismo moderato di Giacomo Matteotti, Filippo Turati e Claudio Treves in campo sempre meno socialista e sempre più comunista. A Josip Stalin, tuttavia, il fondatore di Giustizia e Libertà preferiva di gran lunga Leon Trotsky, come racconta Franco Bandini nel suo Il cono d’ombra, SugarCO 1990, dove addirittura s’adombra il sospetto che dietro la Cagoule (la banda di fascisti francesi che uccise i due fratelli a Bagnoles-de-l’Orne il 9 giugno 1937) ci fossero gli uomini del Nkdv, il servizio segreto sovietico. Naturalmente non andò così: a uccidere Carlo e Nello Rosselli furono, meno romanzescamente, i sicari dell’Ovra, che aveva infiltrato il milieu antifascista all’estero, e che l’aveva giurata al capo della «congiura antimussoliniana».

Carlo Rosselli, dopotutto, era il mandante e il finanziatore di sacrosanti attentati al regime del «Grande imbecille», come più tardi lo chiamò Curzio Malaparte. Fuggì rocambolescamente dal confino. Organizzava raid aerei e faceva piovere volantini dal cielo su Roma e Milano. Era stato un protagonista della guerra civile spagnola, prova generale della futura guerra antifascista: «Oggi in Spagna, domani in Italia». Aveva inventato le brigate internazionali, ed era stato il capo politico, prima di stancarsene, della brigata italiana, la «Garibaldi», che nel 1937 contribuì a sconfiggere i «volontari» italiani nella battaglia di Guadalajara. Lui, la sua famiglia e i suoi amici (Leone Ginzburg, Emilio Lussu, Massimo Mila, Franco Venturi) non si lasciarono spaventare dal regime che aveva trasformato il paese nel palcoscenico per le esibizioni d’un sinistro clown megalomane (corna facendo, forse ci risiamo).

Benché qua e là si lasci un po’ prendere la mano dalla retorica, Moorehead non idealizza Carlo Rosselli. «Ancora ostile», scrive, «a ciò che percepiva come la rigidità e il settarismo dell’Unione Sovietica, Rosselli era arrivato ad apprezzarne la disciplina e l’efficienza», e «non espresse mai i propri sentimenti rispetto alla brutalità dei comunisti in Spagna». Era lo spirito dei tempi. Com’era nello spirito dei tempi che lo scrittore Dino Segre (in arte Pitigrilli) lo vendesse all’Ovrae che un altro scrittore, Alberto Moravia, cugino dei Rosselli e più tardi icona della sinistra comunista, ne oltraggiasse la memoria, insieme a quella dei familiari e dei compagni di lotta, nel Conformista (Bompiani 1951). Stalin non aveva ancora fatto comunella con Hitler, e la comunella non sarebbe del resto durata abbastanza da impedire agli antifascisti di marciare senza scandalo a fianco dei comunisti. Ma la sbandata giacobina di Giustizia e Libertà avrebbe inquinato, attraverso il Partito d’azione, la storia della futura democrazia italiana.

Moorehead, come racconta senza fronzoli la storia dei Rosselli, racconta senza sdolcinatezze la storia del fascismo, che non fu affatto il regime che mandava gli oppositori in vacanza nelle isole, come disse una volta Silvio Berlusconi (che evidentemente aveva cenato troppe volte con Indro Montanelli, che del fascismo è stato forse il principale banalizzatore). Del Puzzone, quando se ne vuole mostrare il lato migliore, si dice che Hitler e Stalin furono peggio: il Dux non trucidava i suoi nemici a milioni, ma solo a centinaia e migliaia. Be’, allora si potrebbe anche dire che la Cina maoista fu peggio sia del Terzo Reich che del socialismo in un paese solo e che la Cambogia di Pol Pot fu peggio della Cina comunista. Verissimo, ma sono calcoli da impiccati, come sospirava il filosofo.

9 giugno, ricordiamo un’altra vergogna del fascismo: il brutale assassinio dei Fratelli Rosselli – Era il 9 giugno del 1937…ultima modifica: 2019-06-08T21:06:46+02:00da eles-1966
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